Suino molto diffuso per la grande adattabilità e l’assenza di predatori naturali, il cinghiale è dotato di un grugno robusto atto a smuovere il terreno per procacciarsi il cibo e conduce una vita prevalentemente notturna.
Colline senesi. Il sentiero è poco più di una traccia tra macchie di rovi, fasci di vitalba e viluppi di smilace. Filtrando tra il fogliame dei lecci, il sole disegna nell’ombra arabeschi di luce che confondono i contorni delle cose. All’improvviso, un fragoroso fruscio rompe il frinire delle cicale; una massa scura si materializza per un attimo tra gli arbusti e altrettanto rapidamente scompare. Nel suolo fangoso resta un’impronta: due dita triangolari e, dietro, i segni più piccoli degli speroni. È tutto ciò che il cinghiale, sorpreso nel sonno, ci ha concesso di sé.
Un destino legato alla caccia
Progenitore del maiale domestico, il cinghiale eurasiatico (Sus scrofa) ovviamente gli assomiglia, ma con le differenze funzionali alla vita selvatica. Dove il maiale ha grasso, il cinghiale ha muscoli; la sua pelle è spessa e robusta, rivestita da un mantello fitto e ispido adatto per chi deve vivere all’aria aperta. La differenza principale sta comunque nella testa, che nel cinghiale è enorme (quasi un terzo della lunghezza totale), allungata, munita di un grugno sensibile e robusto: un vomere ideale per arare a fondo il terreno in cerca di tuberi, radici, larve di insetti e lombrichi; e in più, armata (nel maschio) di quattro canini lunghi e affilati che sono un efficacissimo mezzo di offesa e difesa. Nel complesso, il cinghiale gode di una brutta fama: violento, collerico, saccheggiatore di campi coltivati, divoratore di pannocchie, patate, ortaggi. Ma forse la colpa non è sua; è di chi vorrebbe vederlo rassegnato solo al ruolo di prestigioso trofeo di caccia e fornitore di salamini dal gusto ‘selvatico’. Fin dall’antichità, infatti, è stato una preda ambita, non solo per utilizzarne la carne e la pelle, ma anche per il prestigio che dava al cacciatore.
Proprio la caccia, più ancora che le trasformazioni ambientali, ha determinato nel tempo la distribuzione della specie, facendola quasi sparire da molte aree e favorendo in altre l’affermazione di razze più grosse e più prolifiche, non di rado ottenute dall’ibridazione con maiali domestici, a scapito delle popolazioni originarie. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che i maiali domestici inselvatichiti riprendono in poche generazioni molti caratteri esteriori dell’antenato. Diffuso in origine dall’Europa fino al Giappone e nell’Africa settentrionale, Sus scrofa (in forma più o meno pura) è dunque presente oggi anche in molte parti del continente americano, in Australia e in Nuova Zelanda. E non di rado, grazie alla sua adattabilità e all’assenza di predatori naturali, ha finito per diventare un problema ecologico.
La sua forza: l’adattabilità
Il cinghiale infatti è capace di cavarsela in molte situazioni e di sopravvivere anche in vicinanza dell’uomo. Le sue preferenze vanno ai boschi fitti, umidi, con fossati, stagni e zone fangose, ma lo si trova anche nella campagna coltivata e in aree quasi desertiche, dal livello del mare fino all’alta montagna. Conduce vita prevalentemente notturna: passa il giorno in riposo in qualche anfratto ben protetto e lo lascia al calare del sole per iniziare le sue scorribande in cerca di cibo. In genere, le femmine formano branchi numerosi, con i piccoli e i giovani non ancora sessualmente maturi, mentre i vecchi maschi (i ‘solenghi’ nel gergo dei cacciatori) vivono soli, avvicinandosi alle femmine solo nel periodo degli amori. Allora i grandi verri si affrontano in accaniti duelli, urtandosi fianco contro fianco e cercando di colpirsi con i micidiali canini. Uno scudo di pelle ispessita e di pelo più fitto che protegge fianco e spalla riduce il pericolo di lesioni mortali.
Le femmine mettono al mondo i piccoli, dal tipico mantello striato, in una specie di tana nel fitto della macchia. Dopo un paio di settimane, cominciano a portarli con sé, in una lunga fila squittente e grufolante; in questo periodo è meglio evitare gli incontri, perché le madri non esitano ad attaccare. Comunque, i cinghiali hanno un olfatto e un udito acutissimi, grazie ai quali evitano gli incontri sgraditi. Così il più delle volte il contatto sarà casuale, o indiretto: un fruscio tra le frasche, un’impronta nel fango, una radura nel bosco ‘arata’ a colpi di grugno per portare allo scoperto larve, radici, tuberi.
(Cesare Della Pietà, Il cinghiale, in Airone, Aprile 1998.)
Un cinghiale a Principina a Mare
Il video mostra un cinghiale, che si aggira serenamente tra le strade di Principina a Mare. (video realizzato dagli amici de Residence Mareblu)